Alla scoperta delle Modis Professional Academy, molto più che formazione

Corsi di formazione per professionisti (alcuni dei quali associati a importanti percorsi di certificazione internazionale) e disegnati ad hoc per le esigenze delle aziende nell’ambito di IT, Engineering e Life Science. Le Professional Academy di Modis (a breve Akkodis, dall’unione di Akka e Modis) vengono progettate per colmare concretamente e con risultati tangibili il gap di competenze tecniche e metodologiche. Per capire come, abbiamo rivolto qualche domanda a Fabrizio Deidda, Head of Tech Academy di Modis in Italia e Francesca Canè, Professional Academy Coordinator, responsabile dell’offerta B2B dei corsi per i professionisti, recentemente ampliatasi in ambito LifeScience.

 

L’apprendimento continuo, quello che ormai conosciamo bene con il cappello “LifeLong Learning”, è un processo che deve far parte sempre di più dei percorsi di crescita di qualsiasi professionista. Non basta più concludere il percorso di studi accademico. Perché?

Il percorso accademico è assolutamente necessario, rappresenta una base culturale e di conoscenza importantissima per tutte le professioni. Spesso però, la definizione dei percorsi di studio e la “progettazione” dei contenuti da erogare in un percorso formativo accademico richiedono tempi molto lunghi, che mal si conciliano con la velocità di trasformazione che impatta sulle aziende e sui professionisti. Può succedere dunque che alla fine di un percorso di studi universitario le competenze acquisite risultino già obsolete.

Questo non significa che si debba rinunciare a tali percorsi, tutt’altro. Ma vanno arricchiti e “completati”, in una logica di LifeLong Learning che vede l’apprendimento continuo, l’ampliamento delle proprie competenze e lo sviluppo di nuove lungo tutta la propria vita professionale.

Oggi è una condizione imprescindibile per fronteggiare in modo adeguato ondate di cambiamento che si presentano con forza in tempi sempre più stretti e con impatti molto significativi sulle aziende, sia sul piano operativo sia sul piano strategico e di business.

Le “ere” dell’innovazione sono sempre più brevi e le ondate di cambiamento sempre più “disruptive”. Prendiamo per esempio l’ondata legata a Cloud, Social e Mobile. È partita all’’incirca nel 2004-2005 ed ha perso la sua potenza di cambiamento nell’arco di dieci anni. L’ondata legata a Big Data e IoT è partita all’incirca nel 2015-2016 e nel 2020-2021 iniziava ad affievolirsi per lasciare spazio all’ondata successiva, quella legata all’Intelligenza Artificiale che nel 2023 lascerà spazio alla nuova era di innovazione, quella che iniziamo a intravedere già oggi relativa al concetto di autonomia (autonomous, non più automazione) e intelligenza artificiale “innestata”, persino nei nostri corpi.

Ad osservare bene le date di queste ondate, ciò che emerge è che la loro forza di cambiamento è concentrata in archi temporali sempre più brevi. In altre parole, la velocità di trasformazione è sempre più accelerata.

Il punto di atterraggio è la trasformazione delle competenze realmente richieste dalle aziende, che deve ormai avvenire “in anticipo” sui tempi delle ondate di innovazione.

 

Quali sono gli strumenti più adatti, in termini di formazione/apprendimento, affinché si inneschi nei professionisti questo processo di apprendimento continuo? 

Noi non siamo un ente di formazione, è fondamentale ribadirlo. Siamo una società di consulenza ingegneristica e le nostre Professional Academy rappresentano una importante “costola” del core business. Ciò che forniamo in termini di formazione è dunque strettamente correlato ai progetti che sviluppiamo per le aziende ed ai servizi che eroghiamo loro. “Spesso le esigenze di upskilling o reskilling nascono dai cambiamenti che avvengono all’interno delle organizzazioni aziendali a seguito di un progetto che va ad impattare sull’organizzazione, sui processi, sulle persone”, specifica Deidda.

Non è un caso, per esempio, che in questo momento i percorsi di formazione più richiesti siano legati ai temi della Cyber Security e della Blockchain. Ma non corsi di cultura, per “capire la materia”, ma corsi molto pratici per comprendere, per esempio le normative di riferimento, i veri ambiti di applicabilità e le modalità con le quali sfruttare al meglio le potenzialità di determinate tecnologie... insomma, se dovessimo identificare gli strumenti più adatti per la formazione professionale certamente diremmo quelli che consentono di approfondire la conoscenza e gli impatti di determinate tecnologie negli specifici contesti di business e aziendali all’interno dei quali vanno calate.

Noi riusciamo a garantire questa granularità, anche progettando percorsi formativi ad hoc, sviluppati cioè sulle specifiche esigenze di un’azienda, non solo grazie ad un network globale (sono 14 le country operativi sul fronte delle Professional Academy) ma anche, e soprattutto, grazie al confronto ed alla collaborazione continua con i nostri colleghi che lavorano nei team di ricerca (spesso coinvolti a livello europeo e internazionale in progetti di ricerca sperimentale molto all’avanguardia su tecnologie emergenti) e nei team di consulenza ingegneristica che “vedono da vicino” di cosa hanno davvero bisogno le aziende.

 

L’upskilling tecnologico è uno di quegli aspetti oggi maggiormente richiesti, anche dal punto di vista dei percorsi di certificazione. Moltissimi ruoli necessitano non solo di formazione continua ma anche di vere e proprie certificazioni riconosciute a livello internazionale. Qual è il vostro apporto con le Professional Academy?

“Le aziende sono sempre più parte di filiere ed ecosistemi estesi ed è richiesta loro una determinata riconoscibilità e affidabilità a più livelli, compreso quello delle competenze interne. Tale riconoscibilità assume un significato particolare quando è accompagnata da standard di certificazione internazionali, per i quali sono richiesti, naturalmente, percorsi di formazione e certificazione riconosciuti e approvati a livello internazionale”, enfatizza Canè.

Siamo per esempio accreditati da IREB® e ISTQB® (International Software Testing Qualifications Board) per fornire corsi di formazione in ambito System e Software Engineering e far conseguire le certificazioni ISTQB - CTFL, che attestano la competenza dei professionisti coinvolti nei processi di testing del software.

Al di là delle certificazioni, però, “ci piace sottolineare nuovamente il carattere fortemente distintivo con il quale forniamo formazione e crescita delle competenze professionali alle aziende e alle persone. Parte quasi sempre tutto da una specifica esigenza aziendale, espressa o non ancora palesata, che sta affrontando un percorso di cambiamento o una progettualità che ha (o avrà) un forte impatto sui processi, sui modi di lavorare, sull’operatività, sulle competenze delle persone. È da qui che si propongono e sviluppano i percorsi formativi”, aggiunge ancora Canè.

Dopo un nostro corso le persone non avranno certo la cultura di un percorso formativo accademico, non diventeranno docenti in Università, ma sapranno portare valore all’interno del proprio contesto aziendale, sapranno sfruttare al meglio nuove tecnologie e coglierne davvero le potenzialità, sapranno risolvere problemi.

Ecco perché “i nostri percorsi formativi hanno quasi sempre anche una fortissima componente pratica, operativa, di apprendimento sul campo (che poi non si esaurisce mai perché il lavoro quotidiano delle persone abituate, anche metodologicamente, ad apprendere continuamente, diventa esso stesso fonte di formazione pratica)”, dettaglia Deidda.

 

La vostra proposta si è recentemente arricchita con percorsi di formazione ad hoc nell’ambito Life Science. Cosa offrite per questo specifico ambito di studi?

“L’espansione della nostra proposta formativa all’ambito Life Science arriva esattamente come espressione di un cambiamento in atto da parte delle aziende”, esordisce Canè. “Abbiamo molte aziende clienti in questo specifico ambito, che non è solo il Pharma ma è molto più esteso. Con i colleghi che si occupano della consulenza ingegneristica, nonché i team tecnici che partecipano allo sviluppo progettuale, abbiamo cercato di identificare le principali aree di competenza “impattate” maggiormente dai cambiamenti in atto e dai percorsi di innovazione e trasformazione, reali e pratici, che stanno affrontando queste aziende”.

“Il settore della Life Science è probabilmente quello che ha gli ambiti di ricerca (ed i fondi) più estesi e che può permettersi di fare ricerca e sperimentazione anche su tecnologie emergenti molto pionieristiche (nonché poi partecipare ai tavoli internazionali per aiutare a “mettere a terra” le tecnologie e definirne normative e ambiti di regolamentazione)”, aggiunge Deidda.

È naturalmente anche uno dei settori più vigilati e regolamentati e non solo quando si tratta di farmaci o medicina, ma anche quando si parla di industria manifatturiera. Non ci si pensa mai, ma come viene confezionato e distribuito un farmaco è di importanza critica, tanto quanto produrlo o fare ricerca sulle molecole.

“Nel Life Science ci sono processi e competenze che necessitano di evoluzione continua, sia sul piano della conoscenza e delle practice regolatorie, sia sul piano dell’operatività e della conoscenza delle tecnologie, passando per aspetti legati a dati, privacy, sicurezza”, conclude Canè. “Insomma, un bel settore dove la formazione e lo sviluppo delle competenze diventa pilastro imprescindibile per la crescita e lo sviluppo stesso del business dell’azienda”.

 

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